Tre modi per gustare una barretta di cioccolato: lasciarla sciogliere in bocca poco alla volta assaporandone la dolcezza man mano che si spiega sulla lingua, utilizzarla per realizzare dei gustosissimi brownies con granella di zucchero, o semplicemente dedicarsi una pausa dagli impegni quotidiani con la consapevolezza di aver fatto qualcosa di buono per il mondo.
Perché quello che non tutti sanno è che l’industria mondiale del cioccolato si fonda per la maggior parte su sfruttamento e schiavitù, e che questo suo lato oscuro coinvolge in particolare minori e bambini. Nonostante l’esistenza di un accordo firmato nel 2001 dalle principali case produttrici mondiali – il Protocollo Harkin-Engel, che aveva lo scopo di portare a una produzione slave-free – l’industria cioccolatiera continua a reggersi sulle spalle di circa 2 milioni di bambini in tutto il mondo.
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Contro lo sfruttamento infantile: come nasce l’idea di un cioccolato slave-free
A volte un ideale particolarmente sentito può trasformarsi in una vera e propria crociata. Così è stato per il giornalista olandese Teun van de Keuken, che nel 2002 decise di impegnarsi in prima persona per mettere il mondo davanti a una realtà dei fatti così agghiacciante.
Accanto a campagne di sensibilizzazione andate a vuoto, van de Keuken pensò di fare qualcosa di davvero provocatorio: si filmò mentre acquistava cioccolato e lo consumava, per poi autodenunciarsi alle autorità come compratore e consumatore di manufatti ottenuti illegalmente. Nonostante le buone intenzioni, però, nessun ministro ritenne validi i capi d’accusa, vanificando gli sforzi del giornalista, che a quel punto decise di essere il cambiamento che voleva nel mondo, per dirla con le parole del Mahatma Gandhi.
Tony’s Chocolonely, il nuovo modo di intendere il cioccolato
Davanti a un mondo indifferente, nel 2007 van de Keuken decise di produrre lui stesso un cioccolato completamente slave-free, un prodotto che non fosse soltanto buono, ma anche pulito, nel senso più ampio del temine.
Nacque così il cioccolato Tony’s, o meglio il chocolonely, così nominato proprio perché l’unico realizzato senza ricorrere a sfruttamento e schiavitù. Ed è confortante notare come, in poco più di 10 anni, Tony’s sia diventato un riferimento per gli amanti del cacao, non solo quelli che visitano l’iconico store nel centro di Amsterdam, ma anche i consumatori digitali che acquistano online.
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Colori e sapori come un arcobaleno
Al di là degli intenti provocatori e della nobile missione del produttore, visitare i canali social di Tony’s è una gioia per gli occhi, esattamente come il cioccolato lo è per la lingua: colori intensi, ricette da acquolina, un vero e proprio carnevale come ci si aspetterebbe da una fabbrica di cioccolato che assomiglia un po’ a una fabbrica di sogni.
Il sito web, invece, ha tutt’altra linea: pur conservando i colori distintivi del brand, la mission è chiara e ogni articolo blog pubblicato non fa che ristabilirla. Dati, analisi e notizie vengono condivisi con regolarità e sono sempre in evidenza sulla home, a differenza dello shop online che passa, potremmo dire, in secondo piano.
Ma forse ve lo state chiedendo: com’è questo cioccolato slave-free? Buono. Molto buono. Troppo ovvia come risposta? Allora lasciamo parlare i prodotti: si va dai classici fondenti dai sentori intensi, alle tavolette cosparse di nocciole e mandorle rigorosamente da commercio locale. Ma non mancano gusti sperimentali realizzati con abbinamenti che non ci si aspetterebbe. Uno dei fan favorites è il cioccolato al caramello arricchito da una punta di sale. Ma anche quello al pop corn è un’esperienza da provare, così come il cioccolato bianco ai lamponi e caramelle frizzanti.
Non sapete da quale cominciare? Provate il Rainbow Chocolate Giftset, una selezione di tutti i gusti, un arcobaleno – è proprio il caso di dirlo – di colori e sapori per chi vuole avvicinarsi al mondo di Tony’s e della sua idea di produzione più umana.
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