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Dietro le quinte di Wes Anderson, quello che di lui non si dice

wes anderson
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A solo un anno di distanza dall’intenso The French Dispatch, Wes Anderson si prepara a far uscire La meravigliosa storia di Henry Sugar, la sua seconda volta alle prese con la trasposizione di un romanzo di Roald Dahl. Come non spendere qualche riga per parlare di questo regista visionario e delicato allo stesso tempo?

Egli stesso un personaggio, è proprio il caso di dirlo, incarna una serie di contraddizioni che in qualche modo riesce a portare sullo schermo facendo inevitabilmente innamorare di sé non solo gli spettatori, ma anche gli attori stessi, che spesso rinunciano ai propri cachet pur di lavorare con lui.

​Il cinema di Wes Anderson, tra ricerca dei dettagli e imprinting poetico

E si tratta di un’ambita e ristretta lista d’attesa: Anderson non ha su carta un curriculum particolarmente corposo, ma con ogni sua pellicola va a segno. Che si tratti di live action o di animazione – o entrambe le cose in molti casi – riesce sempre a donare al suo lavoro un’aura di poesia che ne caratterizza le atmosfere. La ricerca dei dettagli, le inquadrature ampie, i colori che riempiono le scene, sempre pochissimi e saturati, sono solo alcune delle peculiarità che rendono la sua impronta riconoscibile. Lo stesso vale per i temi trattati: famiglia, ricerca di sé e soprattutto la capacità di toccare il fondo e andare in pezzi solo per potersi ricostruire.

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Oltre la cinepresa: l’amore profondo per il teatro

wes anderson bar luce milano

Ma se volessimo sbirciare dietro le quinte, dare uno sguardo a Wes, all’uomo, cosa vedremmo? Paradossalmente non scopriremmo nulla di inaspettato, non perché l’uomo sia prevedibile o noioso – tutt’altro! – ma perché in ogni pellicola, in ogni opera sono disseminate tracce della sua personalità.

Aspetti già noti al pubblico sono il suo grande amore con la scrittrice libanese Juman Malouf e un esclusivo caffè milanese da lui disegnato e progettato. Ma naturalmente c’è molto altro.

Chi l’ha conosciuto da bambino sa che da sempre è ossessionato dalla scena. Il giovanissimo Wes spendeva ore a confezionare costumi e scrivere sceneggiature per quello che da sempre è il suo grande amore, il teatro, e che racchiude in sé il conflitto che permea tutta la produzione di adulto: il donarsi fino in fondo per qualcosa che è destinato a dissolversi nel tempo.

Lo stesso Anderson ha dichiarato in un’intervista rilasciata a Vanity Fair lo scorso anno:

La perfezione non m’interessa: m’interessa l’emozione. Fare un film non è come disegnare un bar. Puoi lavorare sui dettagli anche più minuziosi, ma il film fisicamente non è destinato a restare”.

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​Wes Anderson, un nostalgico dei tempi moderni

Da questo punto di vista, Anderson è a suo modo un nostalgico. Ed è interessante la maniera in cui si rapporta a questa sua caratteristica in un mondo sempre più virtuale: da una parte apprezza le potenzialità del digitale e non disdegna di utilizzarlo per arricchire le proprie pellicole con effetti e transizioni originali, dall’altra ama il mondo analogico, quello delle macchine da scrivere e della carta stampata. Parliamo di un uomo che ama internet ma non usa i social, che ignora l’ondata di meme da egli stesso generata – su questo tornerò tra poco – ma che si entusiasma all’idea di guardare un “Fight club diretto da Wes Anderson”, tributo realmente presente sul web.

Potremmo dire che Wes, l’uomo, è un nostalgico ma non un malinconico, uno che usa il passato per costruire un viaggio, ed è in virtù di questo che riesce a mescolare cinema e teatro in maniera tanto peculiare, perché ci vuole una mente in grado di comprendere i propri conflitti per poterli spiegare e renderli poesia.

In questo modo egli riesce a creare una connessione profonda con i suoi collaboratori, al punto che gli attori che recitano per lui rappresentano una sorta di seconda famiglia, una serie di vite intrecciate alla sua da un legame che resiste anche alle distanze e ai silenzi.

​La ricerca della simmetria nella vita come nel lavoro

Un ulteriore aspetto di sé che Anderson ha traslato nel suo cinema è la sua nota fissazione per le simmetrie. Userò il termine fissazione anziché ossessione perché lo stesso regista ha più volte confutato le voci che lo vorrebbero un maniaco del controllo, eppure la ricerca delle simmetrie nei suoi lavori è talmente certosina che difficilmente si riuscirebbe a immaginare l’uomo dietro la macchina da presa in maniera diversa.

accidentally wes anderson AWA

E infatti, come anticipavo in precedenza, la cosiddetta AWAAccidentally Wes Anderson – è uno dei trend più interessanti sui social, al punto che ne è uscito persino un libro contenente le migliori perle. Di cosa si tratta? Si tratta di fotografie, colpi d’occhio o di genio che dir si voglia, che ritraggono luoghi i cui colori e le simmetrie potrebbero essere a tutti gli effetti scenografie dei suoi film. Prospettive aeree, angolazioni insolite o semplici gioielli di tempismo nello scatto affollano i feed instagram dei profili a lui ispirati e dedicati. Non solo: designer e giornalisti di settore dedicano articoli e pubblicazioni a come arredare i propri ambienti secondo lo stile dei suoi film.

Ci vuole genio, in fondo, per riuscire a ispirare un filone social in grado di resistere agli anni, considerata l’effimera vita dei trend e dei meme che normalmente popolano il digitale. Ma forse era inevitabile, del resto è proprio dei grandi talenti il riuscire a imprimere un’impronta in grado di ispirare e cambiare parte del proprio mondo.

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