Nel cuore della rigogliosa Sassonia, sulle sponde dell’Elba, sorge la spettacolare cittadina di Meissen, centro turistico poco distante da Dresda noto in tutto il mondo per la sua produzione di porcellana.
E in effetti non c’è da stupirsi: la finezza della lavorazione e la dovizia di particolari rendono le porcellane Meissen dei veri pezzi da collezione tra i più pregiati al mondo. Dalle piastrelle e i complementi decorati fino alle famosissime statuette con i loro vezzosi costumi settecenteschi, non si può non restarne quantomeno incuriositi.
Porcellane Meissen, una storia nata per errore
Imitate, ammirate e amate sin dalle primissime lavorazioni, la storia delle porcellane Meissen è intrigante almeno quanto i suoi pezzi d’autore. Sviluppata a partire dal 1708, particolarmente ad opera di Ehrenfried Walther von Tschirnhaus e Johann Friedrich Böttger, il procedimento per realizzarle è figlio di un notevole caso di serendipità.
Böttger, infatti, era alla ricerca di una soluzione al secolare enigma, croce e delizia di tutti gli alchimisti: la capacità di trasformare i materiali grezzi in oro. Convinto di aver risolto quel sogno antico, fu convocato in presenza dell’allora regnante di Sassonia.
La sua dimostrazione del procedimento aureo fallì miseramente, ma i contatti con altri studiosi e artigiani, ottenuti proprio a seguito della sua presenza a corte, portarono alla creazione di una Real Fabbrica di Porcellane all’interno del castello di Albrechtsburg.
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Utz, quando la passione per le Porcellane Meissen si trasforma in morbosità
Le celebri statuette in porcellana Meissen non hanno ispirato soltanto falsari e imitatori, ma anche scrittori, il più noto dei quali è di certo Bruce Chatwin che, nel suo romanzo Utz, ci mette davanti alla vita di un collezionista, riuscendo a raccontare un mondo asfissiante e tormentato attraverso le porcellane stesse, che diventano di fatto coprotagoniste dell’opera.
Di Utz, a dire il vero, si è detto e scritto tanto. Così diversificati sono i sottotesti racchiusi nel romanzo – dalla passione logorante alla quotidianità in uno Stato poliziesco, passando per l’inettitudine di una vita vissuta attraverso il collezionismo – l’opera è un dagherrotipo sfaccettato il cui protagonista, Kaspar Utz, ci si presenta beffardo, scaltro e allo stesso tempo frangibile, come le stesse statuine che, poco alla volta, finiscono con l’ossessionarlo.
Quello di Utz verso le porcellane Meissen è un attaccamento morboso, il cui seme viene piantato in un periodo delicato – durante il lutto per la morte del padre – elaborato attraverso la gioia per l’aver ricevuto il primo Arlecchino di porcellana, che finisce con l’essere catalizzatore di una passione totalizzante. È un amore a tratti perverso, nel quale il desiderio di possesso si traduce in una vita vissuta in compagnia di soli amici immobili e, letteralmente, statuari in una Praga claustrofobica, fragile come la porcellana stessa.
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Ispirazioni settecentesche: perché le porcellane Meissen sono un mondo da scoprire
Ispirazioni letterarie a parte, quello delle porcellane di Meissen è davvero un universo da scoprire, che da secoli appassiona collezionisti da tutto il mondo alla ricerca di pezzi originali in un oceano di imitazioni e repliche che, in fondo, non fanno che rendere onore all’arte originaria di quel lontano XVIII secolo.
Ed è lo stesso Settecento che prende vita nei costumi sfarzosi, le acconciature stravaganti e gli atteggiamenti cicisbei tipici del tempo, in un ammiccante parata di opere che, pur replicando le leggerezze cortigiane del tempo, sono figlie di un procedimento attento e razionale.
Illuminismo e Barocco si incontrano e sposano alla perfezione in ogni creazione: un connubio sorprendente che spiega come mai le pregiatissime statuette siano ancora oggi ricercati pezzi d’autore.
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Non solo statuette: servizi e decorazioni
La stessa dedizione la si ritrova nei complementi decorativi ma soprattutto nei servizi di piatti, che è possibile reperire anche online spesso accompagnati dalla dicitura “fine porcellana reale”. Un servizio completo può arrivare a contare oltre 200 pezzi tra piatti da portata, da dolce e da frutta, mezzelune, zuppiere, tazze con piattini, vassoi, zuccheriere, vasetti e caffettiere.
I primi oggetti furono realizzati prendendo spunto dalle porcellane orientali, particolarmente quelle cinesi, cui furono accostate decorazioni e colorazioni tipiche del periodo barocco. Elementi decorativi comuni erano ispirati al mondo animale e vegetale – scene rurali, ortaggi e frutti – ma anche rose e viti trovavano posto sulla superficie chiara di piatti e vassoi.
La tecnica di realizzazione a pasta dura, che prevedeva l’utilizzo di creta cinese, rappresentò un unicum nell’Europa settecentesca, la cui industria porcellaniera prevedeva soprattutto l’utilizzo della pasta tenera. Tuttavia, nonostante le diverse tecniche impiegate portassero inevitabilmente a diversi risultati, i maestri di Meissen decisero di introdurre elementi grafici distintivi per rendere i propri pezzi identificabili.
La peculiarità che rendeva distinguibili le più antiche porcellane di Meissen era il cosiddetto ozier, cioè un lieve rilievo sul bordo dei piatti che ricordava l’intreccio di un cestino in vimini. Ma ancor più distintivo era il monogramma con le due spade incrociate, che è tuttora il trademark delle porcellane Meissen.
Passarono i secoli e lo stile si adattò ai tempi diventando meno rococò e più neoclassico, ma la ricercatezza della lavorazione restò immutata, al punto da essere di ispirazione per altre scuole rinomate in tutto il mondo, come la nostrana porcellana di Capodimonte.
Avere tra le mani una porcellana di Meissen è, lasciatemelo dire, un’esperienza quasi sacrale, come stringere tra le dita una reliquia. La fragilità intrinseca del materiale si contrappone al suo resistere al fuoco, elemento distruttore per antonomasia. I rilievi e le scanalature, gli orli ricercati e la finezza delle decorazioni vorrebbero lasciarsi inseguire con le dita e con lo sguardo, prima ancora che ospitare cibi e bevande asservendo al proprio scopo.
Insomma, un complemento artistico in grado di donare un’aria di soave eleganza a ogni tavola. Irresistibili.
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